ISPIRAZIONI
Parole per il 2021
Speciale Covid19
Convivere. Ci vuole coraggio per stare con una cosa che misura fra i 60 e 140 nanometri (1 nanometro = un milionesimo di millimetro) ma capace di scatenare il pandemonio. È addirittura letale, vola nell’aria e praticamente rischi di respirare una disgrazia. Sì, abbiamo detto stare con, non lottare contro. La lotta all’invisibile è impari: Covid-19 è superiore per insidia e potenza, ci costringe a giocare in difesa, a barricarci. Soprattutto, scatena la paura di soffrire e di morire.
Divisione. Come gli altri virus non fa distinzione sociale, la reazione al suo effetto non è uguale per tutti, per alcuni sancisce la fine. Il virus fa il suo lavoro di parassita e la conseguenza è la divisione non sua, ma nostra. Da un lato i terrorizzati, dall’altro i temerari e in mezzo i preoccupati, i guardinghi, i fatalisti, gli scettici e così via: siamo divisi, un errore strategico e tattico. Stare con, vuol dire accogliere le nostre diversità. La paura fa parte di noi e non ha senso usarla come recriminazione o condanna per stare da una parte o dall’altra.
Broadcasting. Mentre il virus procede per la sua strada, la nostra divisione produce confusione. È un rumore amplificato: attraverso i social media ciascuno di noi è broadcaster di notizie buone, cattive, vere e false, mischiate insieme. Il mix varia in base a cosa proviamo e così emettiamo di conseguenza: se sei terrorizzato sei broadcaster di terrore. Così nel nome della condivisione produciamo rottami mediatici che galleggiano nella nostra coscienza. Il risultato è un panorama basato su informazioni distorte la cui lettura è ovviamente approssimativa. I fatti sono fatti, le letture non sempre li descrivono come sono.
Fragilità. Quindi, il fronte emotivo è fragile, il quadro è complesso, il futuro è incerto. A queste difficoltà si aggiungono pareri discordanti di chi dovrebbe restituirci certezze e rassicurazioni: coloro che manovrano in questa tempesta silenziosa. Purtroppo non è così. Al ponte di comando bisogna prendere decisioni più veloci di quanto non sia quella della diffusione del virus: impresa impossibile, già sulla carta.
Distanza. Per rallentare una propagazione ostinata ci mascheriamo per impedire di “sputacchiarci in faccia” trasformando le città in un’illimitata zona di degenza al di fuori degli ospedali. Scambiandola per quella fisica, inneggiamo a una “distanza sociale” non badando che la distanza fisica e quella sociale, sono due cose diverse così come lo sono il “lavoro in remoto” e lo “smart working”. Non badiamo cioè all’uso di parole che ancora, ci confondono. La distanza maggiore però, rischia di essere quella da noi stessi. Smarrendo il centro interiore sul quale siamo fondati, cerchiamo la protezione di caverne domestiche confidando in una tecnologia salvifica.
Avanti. Se stare in una caverna ha una funzione utile, si può vedere che nel quadro generale molte strade si chiudono. Possiamo chiamarle anche abitudini, o visioni ristrette, zone di comfort, modelli… come preferiamo. Ma nel contempo, altre vie si aprono: sono nuove e incerte. Per andare avanti bisogna saper distinguere fra vero e falso, affinare l’intuito.